Attraverso un immaginario che intreccia riferimenti artistici, letterari e scientifici, Federica Mutti indaga la delicata relazione tra la ricerca teorica che precede l’opera e il processo di formalizzazione che la oggettualizza. Tastando di volta in volta il grado di necessarietà di questa oggettificazione, l’artista si avvale spesso del linguaggio verbale, domandandosi se sia possibile veicolare l’intuizione sottraendosi al dominio contemporaneo dell’immagine come corpo, in favore dell’immagine come idea.
Quando l’opera si esaurisce nella forma verbale si viene ad assottigliare il confine tra il ruolo di spettatore e quello di lettore, offrendo la possibilità di esplorarne le strategie di travalicamento e di fusione. Ne derivano display atti a supportare una lettura esposta, una fruizione verbale e aniconica.
Quando invece la formalizzazione si definisce come processo di resa fisica, diviene occasione per analizzare il rapporto iconico tra l’immagine d’oggi e lo sguardo situato che ci deriva da una tradizione assimilata e interiorizzata, sguardo che risulta quindi sempre filtrato e a sua volta filtrante.